Celestino V, il Papa del gran rifiuto

6203

“Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto.”

Con queste parole Dante Alighieri descrive nella sua “Divina Commedia” uno dei papi più controversi della storia. Ma chi era veramento Celestino V?

di Nicoletta Travaglini

Celestino V
Celestino V

Pietro Angelerio, futuro Papa Celestino V, nacque da una famiglia di contadini molisani, nel 1210 circa. Egli nacque a Isernia secondo quando afferma Maria Concetta Nicolai nel libro “La Preghiera di Celestino eremita e Papa”: <<… dalla nascita che avvenne verso il 1210 undicesimo in una numerosa famiglia di dodici figli, probabilmente a Isernia, nel quartiere S. Angelo… I genitori “quorum nomina sunt Angelerius et Maria” erano agricoltori quasi certamente proprietari, anche se non ricchi>>(1).
Orfano di padre in giovane età, fu educato dalla madre al rispetto, timore e devozione di Dio.
Intorno al 1230 divenne un frate benedettino, presso un abbazia di Benevento e dopo pochi anni partì alla volta di Roma per incontrare il Papa. Il suo viaggio fu lungo e costellato da episodio di eremitaggio e contemplazione. Dopo aver parlato con il Pontefice e aver ricevuto gli ordini religiosi Pietro, iniziò una vita da asceta, rifugiandosi in una grotta dove secoli prima aveva dimorato Papa Vittore III. In questo lungo lasso di tempo egli progettò e costruì, insieme a suoi discepoli, la chiesa di Santo Spirito a Majella, completamente scolpito nella roccia.
Un antica leggenda legata alla nascita di questo luogo di culto narra che il 29 Agosto, giorno della decapitazione del Battista, Pietro guardando fuori dalla finestra della sua cella, vide nel cielo una schiera di figure celesti che andavano dagli angeli agli arcangeli, dal Re Davide a San Giovanni Evangelista che con abiti talari, celebrò messa, mentre la Vergine Maria, con Gesù ed il Battista assistevano alla funzione che fu benedetta da Dio. L’aria si riempì di una musica celestiale, mentre le campane iniziarono a suonare annunciando il lieto evento della nascita dell’abbazia di Santo Spirito a Majella.
Intanto i seguaci del Santo Eremita erano diventati così tanti che Pietro pensò bene di darsi una Regola e di essere riconosciuto anche come ordine religioso e così in compagnia di alcuni suoi fedelissimi, partì alla volta di Lione per conferire con Papa Gregorio X, durante uno dei tanti concili. Sulla via del ritorno dalla Francia il frate, dopo aver ottenuto dal Papa ciò che chiedeva, si fermò presso L’Aquila, allora ancora in via di sviluppo e qui vi fu un altro prodigio legato questa volta alla figura della Madonna di cui l’Angelerio era un devoto servo.
Era una notte scura dei primi mesi del 1275 quando l’umile fraticello fece uno strano sogno mentre si trovava su una poggio alberato, presso il colle Madio o Maggio nella vicinanze dell’Aquila, adiacente a un piccolo altare dedicato alla madre del Nazareno. Mentre dormiva gli comparve la Madonna che gli chiese di erigere un santuario in suo onore proprio in quel luogo. In breve tempo si iniziarono i lavori di costruzione della Basilica dedicata alla Madonna che furono terminati solo verso la fine del penultimo decennio del 1200.
Passarono gli anni ed anche i papi si succedevano sul soglio di Pietro, finché nel 1292 alla morte di Papa Nicola IV, una grande confusione, alimentati da una sete di potere temporale si insinuò sull’elezione del nuovo papa. Per ben due anni il soglio pontificio rimase vacante finché non si decise di eleggere all’unanimità un papa superpartes, questi fu individuato nella persona di Pietro Angelerio, il frate del Morrone. Era il giorno della decapitazione del Battista del 1294 quando fra Pietro da Morrone, con il nome di Celestino V divenne Papa e la cerimonia, con molti malumori da parte della chiesa, si svolse nella città dell’Aquila, poiché il pio eremita volle essere incoronato sommo pontefice della chiesa nella basilica di Santa Maria di Collemaggio.
Egli rimase in questa città per diversi mesi ed è qui che istituì la “Perdonanza Celestiniana”, con la quale Bolla egli rimetteva i peccati a tutti coloro che passava sotto la Porta Santa della Perdonanza, con il pentimento nel cuore, il 29 Agosto di ogni anno.
Pietro aveva accettato la carica di Papa con molta riluttanza e così solo dopo pochi mesi di pontificato, agli inizi di dicembre rinunzio al suo uffizio. Era la vigilia di Natale quando il suo successore Bonifacio VIII, prese il posto di Celestino V.
Egli, comunque, aveva un forte ascendente sui suoi discepoli e il suo Ordine religioso era abbastanza vasto e potente da fare paura anche al Vaticano e così fu data disposizione che Pietro fosse portato a Roma, ma Celestino riuscì a rifugiarsi prima sul Monte Morrone e poi tentò di imbarcarsi per la Grecia, ma una tempesta fermò il suo tentativo di fuga e così fu ripreso dai messaggeri del papa ed incarcerato nella rocca di Fumone presso Anagni dove morì il 19 Maggio 1296.
E’ notorio che molte leggende contengano un fondo di verità, allora è legittimo chiedersi se la data della presunta morte naturale di Celestino V non celi in realtà una simbologia ben precisa!!
Si narra, infatti, a proposito della morte del Santo eremita, che egli perì a causa di un chiodo conficatogli, da alcuni sicari, nel cranio, se si accetta questa tesi, quindi, la data della sua morte forse assume una valenza fortemente emblematica!
Egli morì a maggio il mese dedicato alla Madonna, che come ricordiamo è l’evoluzione del mito della Grande Madre, dea universale creatrice del mondo nonché personificazione della dea Luna ed elemento femminile di Dio. Egli fu ucciso nel 1296, la cui radice quadra è 36, sommando questi due numeri 6+3 si ottiene il 9 numero ricorrente della città dell’Aquila e nella tradizione esoterica perché rappresenta la ciclica ripetizione del 3 numero perfetto per eccellenza.
La chiesa di Santa Maria di Collemaggio, inoltre, è stata costruita con pietre policrome rosse e bianche che ricordano le croci templari, con la stessa tecnica viene costruita secoli dopo la chiesa che ospita il Volto Santo a Manoppello.
Quale può essere il nesso che unisce questi due edifici, poiché si dice che come per Celestino, anche la Veronica che è in ostensione a Manoppello, sia stato recapitato a un notabile del paese da uno sconosciuto, forse un Angelo, se non l’Arcangelo Michele in persona, sul sagrato della chiesa di San Nicola.
Sempre in tema di elementi simbolici, sembra esservi una linea immaginaria che collega Lione all’Aquila; Celestino V, infatti, tornando dalla Francia si fermò presso il capoluogo abruzzese, o meglio quello che sarebbe stato la futura città. Una possibile ipotesi potrebbe essere quella di analizzare il significato dei toponimi delle città in questione. Lione per assonanza potrebbe essere la corruzione del nome “Leone”. Questo animale, simbolicamente, si identifica con Gesù definito anche “Leone di Giudea”; con Buddha, Krishana e, naturalmente, con il Sole come emblema di potenza, forza, comando e della luce che brilla in eterno sconfiggendo le tenebre e quindi il male. Esso rappresenta anche la giustizia e il Nazareno nella sua veste di giudicante supremo.
L’evangelista Marco ha come simbolo il leone, che è anche la personificazione della città di Venezia. La parte anteriore di questo animale, compreso la testa, è l’allegoria della spiritualità del Cristo, contrapposto alla sua natura terrena, quindi mortale, rappresentato dalla parte posteriore dell’animale. Questa fiera, raccoglie, simbolicamente, in sé, anche una valenza sia positiva che negativa, poiché esso è anche la parte iraconda ed indomabile di ogni essere, così egli è nello stesso tempo simbolo della luce e dell’ombra, della bontà e della malvagità, del Cristo e del Diavolo etc.
Nella sua dualità esso è anche il simbolo della morte e della rinascita e, ovviamente, della resurrezione, inoltre presso gli egizi, era lo spirito guardiano della parabola che compiva il Sole in cielo, dal suo sorgere fino al tramonto; per questo motivo, il leone, venivano raffigurati a coppie, schiena contro schiena. Esso rappresentava il giorno trascorso ma anche il futuro, come Giano Bifronte, da cui deriverebbe il nome Giovanni, come il Battista o come l’Evagelista, che esprimono l’alfa e l’omega della cristianità.
Anche alcuni Angeli hanno l’aspetto leonino, per rimarcare la loro natura non del tutto benevola, ma anche combattivo, violenta, indomita e intelligente. Esso era l’animale totemaico di Cibele, e questi venivano rappresentati sempre con la bocca semi aperta, come simbolo dell’organo sessuale femminile; Cibele è una delle tante “espressioni” della “Grande Madre”, demiurgo del mondo.
L’Aquila è l’alterego celeste del Leone; è anche la stilizzazione della Croce, quando ha le ali spiegate. Essa è uno piscopompo, poiché trasporta le anime dei trapassati a Dio; il suo volo verso la Terra, è la rappresentazione della luce che feconda il suolo. Egli è il simbolo dell’Evangelista Giovanni, l’autore dell’Apocalisse!!!
Quando l’Aquila vola verso sinistra è presagio di castighi divini poiché l’Onnipotente punisce l’uomo con la sua sinistra, che è anche la sua parte negativa. La tradizione biblica e non solo rappresenta, gli Angeli come delle aquile.
Questo rapace è l’immagine celeste e solare insieme, per questo motivo è la regina del cielo ed alterego di Zeus. L’aquila vola verso il sole mentre i suoi occhi non temono di fissare l’astro troppo abbagliate,poiché, ha il cuore puro e il coraggio di fissare, la luce, come immagine della divinità.
Ella è Cristo che sale al cielo, in quanto simbolo della splendore e grandezza. Nella mitologia classica, ella, seguiva la traiettoria del sole fino al suo punto più alto, quando esso era a perpendicolare con la terra, fino a incontrarsi con fulcro della terra e momento di massima espressione della luce che vince le tenebre.
Simbolo della potenza dell’Impero Romano e del Sacro Romano Impero poi, era come l’araba fenicia che rinasceva dalle proprie cenerei, così l’aquila simboleggiava la rinascita spirituale, oltre che la contemplazione del Divino, come facevano i Santi Asceti.
L’Aquila poteva avere anche valenza negativa, in quanto rovesciando la Croce simbolo della morte e resurrezione della parte umana dell’Onnipotente, la si trasformava in un simbolo demonico, inoltre essa è un rapace e come tale è portato, per sua natura, alla violenza, alla brutalità e all’ingordigia.
Acerrimo nemico del serpente, che per gli antica era simbolo della Grande Madre Terra, il sincretismo cristiano lo ha trasformato nella personificazione del Diavolo, raffigura, la contrapposizione tra sfera celeste e quella terreste, tra bene e male, ricordando la titanica lotta tra gli Angeli e i Demoni.
Comunque al di là di tutta una simbologia che ci riporta ad elementi astratti, qualcosa di concreto nella vita e nella morte del Papa Eremita tuttavia esiste!

La tomba di Celestino V
La tomba di Celestino V

Andiamo per ordine, iniziando dal fatto che Celestino V probabilmente non è stato l’illetterato contadino delle campagne molisane, ma alcuni sostengono che la sua famiglia fosse di origine longobarda, per la precisione nobili di campagna con una certa istruzione.
Pare che sia vissuto per diversi anni nell’abbazia di San Giovanni in Venere, in Abruzzo e qui sembra abbia addirittura preso i voti!
Questo luogo di culto abruzzese, all’epoca dei fatti narrati, era una delle più potenti abbazie del centro Italia, tanto potente da finanziare la Quarta Crociata!
Pare che sempre durante i suoi peregrinaggi, il Santo Eremita abbia anche fondato una cittadina, abbarbicata ai piedi della Majella, Fara Filiolum Petri, cioè la Fara dei Figli di Pietro, in altre parole di Pietro da Morrone!
Come si è detto sopra a proposito della fondazione di Santa Maria di Collemaggio voluta dal futuro Papa, il quale ebbe una visione onirica e in seguito a ciò fece costruire tale chiesa, ma alcuni sostengono che questo sogno premonitore celi il presunto incontro dei templari con il pio eremita, i quali, secondo alcune fonti, sono i veri finanziatori del progetto del luogo di culto che dovrebbe celare un segreto, forse il Graal?
Accanto a queste supposizioni vi sono fonti che attestano che Pietro Angelerio, dopo aver iniziato i lavori della costruzione di Santa Maria di Collemaggio e senza aver acquistato il terreno circostante, parte alla volta dell’abbazia di San Giovanni in Venere e dopo alcuni anni egli torna con il danaro sufficiente a poter compare il terreno dove oggi sorge la basilica di Collemaggio!
Appena divenuto Papa Celestino V, il 27 settembre del 1294, concede alcune indulgenze ai benefattori del monastero di Santo Spirito di Lanciano, che è denominato dell’Ordine Benedettino, ed è collocato nella Diocesi Teatina. Le indulgenze sono concesse per un quinquennio. Questo luogo fu fondata appena prima della sua elezione, nel 1293, dall’Abate Onofrio di Comino dell’Ordine del Morrone, che acquistò il terreno da una certa Golata, moglie di Guglielmo del Conte, di Lanciano.
La tradizione vuole che oltre ai Romiti e alle Monache, questo luogo sia stato frequentato anche dall’eremita Pietro del Morrone, prima che diventasse Papa Celestino V. Anzi, allora, avrebbe compiuto anche dei miracoli risanando delle persone.
Si dice anche che questa chiesa ha ospitato la fuga del Santo Eremita, quando questi cercava di imbarcarsi, per le coste pugliese, poiché si deve pensare che esso sorge proprio a ridosso del tratturo L’Aquila Foggia, vicino a una fontana che oggi non esiste più ma che all’epoca era una tappa obbligata per chi percorreva queste strade.
Nel 1654, in forza di una Bolla del Papa Innocenzo X, il monastero di Santo Spirito di Lanciano viene soppresso. Al suo interno venne rinvenuto un reliquiario a teca in legno dorato, è lungo cm. 50 ed è alto cm 25, al cui interno vi sono custodite le reliquie del braccio di San Giovanni Eremita confessore, un frammento di un braccio di Santo Stefano e di un lembo del suo vestito; in posizione centrale vi sono: un frammento di costola di S. Pietro Celestino di circa cm 6, ed altro frammento di circa cm 5, un frammento di osso appartenuto a San Benedetto ed infine un frammento della testa di San Girolamo.
Questo reliquiario, nella parte posteriore, è sigillato da 3 sigilli di 3 vescovi. Inoltre in alcuni documenti rinvenuti di recente, si sostiene che il Santo Padre, stava scappando dalle guardie del suo successore, e non si imbarcò in Puglia bensì sul litorale abruzzese a Vasto, feudo degli abati di San Giovanni in Venere.
Prima di essere arrestato dal suo predecessore, nominò vescovo, secondo ciò che ci riferisce Giovanni Pansa nella sua opera Miti, leggende e superstizioni dell’Abruzzo, il suo vice San Tomasso de Ocre, il quale alla morte di Celestino divenne abate della prestigiosa abbazia di San Giovanni in Venere per incarico di Bonifacio VIII.
Secondo Giovanni Pansa “ Si affermò da qualcuno dei biografi di Celestino V che l’astuto cardinale Gaetani, il quale gli succedette nella cattedra di S. Pietro, dopo averlo con destri raggiri indotto alla annunzia, l’avesse fatto imprigionare e poi uccidere per evitare uno scisma nella Chiesa, reputandosi in quel tempo che l’abdicazione del santo anacoreta, estortagli dalla frode, non fosse legale, né canonica. Ma quell’accusa di morte violenta, scagliata contro Bonifacio, si ritenne da molti in conto di leggende, propalata ad arte dei nemico di lui, poiché i contemporanei e testimoni di veduta non ne fanno parola” (2).
Sempre da Pansa si apprende che esistono tre quadri riproducenti la morte di Celestino V ad opera di soldati, forse del Papa, ed in uno si legge la didascalia che recita “Quando lu nipote de Papa Bonifacio andò al Confessore per lo ammazzare”.
Nel 1597 il M.R. Padre Abate Don Francesco d’Aielli, in una chiesa presso Sulmona tra le ossa del Beato Padre Roberto da Salle, sostiene vi fosse anche una scatola rotonda vi era un chiodo lungo mezzo palmo con pezzi di sangue congelato.
Questo reperto fu portato a Santa Maria di Collemaggio e fu infilato nella presunta ferita del Santo dal Morrone, esso combaciava perfettamente, secondo ciò che venne poi sostenuto da un esame sul cranio del Santo Papa, da un equipe di dottori di Roma, il 29 Agosto 1888 alle diciassette e trenta presso la Cappella dedicata a Celestino V nella Chiesa di Santa Maria di Collemaggio.
Alcuni affermano che a Salle, provincia di Pescara, vi sia in ostensione un chiodo racchiuso in una pisside e pare che tale chiodo forse, sia stato conficcato nel cranio del beato Roberto da Salle ed esso sembra sia simile a quello che avrebbe ucciso Celestino V.

note
(1) NICOLAI, Maria Concetta: “La Preghiera di Celestino eremita e Papa” Edizioni Menabò srl Giugno 2000, pag 45.
(2) PANSA, Giovanni “Miti, leggende e superstizioni dell’Abruzzo” Arnaldo Forni Editori. Ristampa dell’edizione di Sulmona, 1924,finito di stampare nel Maggio 1981; pag. 250.