Il genio di Alessandria

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Si è spesso inclini a considerare personaggi come Leonardo Da Vinci dei veri e propri geni, persone che sono state capaci di precorrere i tempi ideando macchine che solo oggi, a distanza di centinaia di anni, abbiamo potuto realizzare. Ma da dove venivano quelle conoscenze tecniche e quelle capacità fuori dal comune proprie di chi ha letteralmente visto il futuro?

di Alessandro Moriccioni e Andrea Somma

Una biblioteca piena di segreti

E’ una giornata splendida ad Alessandria. Il Mar Mediterraneo che lambisce le coste di quella che un tempo doveva essere la capitale del regno di Alessandro Magno, è calmo, piatto come imbalsamato dal tempo. L’orizzonte è visibile in tutto il suo azzurrino velato dalla leggera foschia che sale dal mare. Il famoso faro che sovrastava il porto ormai non esiste più abbattuto nella sua ultima campagna contro la forza della natura conclusasi tragicamente nel 1303, quando crollò su sé stesso sprofondando nelle stesse acque che ora lo accolgono come un feretro. Ma la memoria è forte e non accetta di morire. La costruzione, voluta durante il regno della Dinastia dei Tolomei governatori dell’Egitto e custodi della sua caduta, era alta circa 120 metri e svettava come un grattacielo, proiettando la sua luce attraverso una distanza di quasi ottanta chilometri sul pelo dell’acqua. Un moderno esempio di maestria architettonica ideata da Sostratos di Knidos ed eretto in dodici anni di duro lavoro. Una meraviglia nel vero senso della parola, che idealmente ancora accompagna i navigli e i loro intrepidi naviganti in un porto reso insidioso da numerosi scogli sommersi. Ma c’è ancora una meraviglia mai annoverata tra quelle mondiali. Una biblioteca di inestimabile valore storico-scientifico, un complesso che avrebbe potuto sconvolgere la storia di ogni paese, di ogni essere umano, che avrebbe potuto rivelarci l’alba della società civile e che farebbe impallidire di vergogna la spettacolare riproduzione realizzata oggi. E’ difficile stabilire con precisione quanto e cosa andò distrutto nel rogo che mise in ginocchio la capitale ellenistica in cui studiarono molti noti fautori di teoremi. Tuttavia spesso si è speculato sui suoi tesori letterari depredati e archiviati presso le più potenti corti imperiali del mondo. La stessa cosa accadde a Costantinopoli che si vide spogliata dei suoi averi nella Crociata del 1204. Ma il fascino che ancora conserva la storia di questa mitica terra del sapere, culla e meta di studiosi di ogni dove, suggella tuttora una ricerca di prove che una conoscenza arcana e segreta vi fosse un tempo stata contenuta. Dal paese nel quale si recò anche Gesù Cristo e che diede vita, attraverso il culto della Dea Iside, al cristianesimo stesso, alle sue leggende e ai suoi rituali, avrebbe potuto diffondersi una sapienza capace di guidare l’uomo verso una consapevolezza profonda della propria essenza. La stessa che secondo alcuni avremmo ottenuto se gente come De Landa non avesse scavato la fossa alle popolazioni dell’America Centrale. Ad ogni modo, quali documenti vennero consultati all’interno di quella biblioteca? Ci sono delle prove che quel crogiuolo di menti sia stato influenzato da antichi scritti scientifici, redatti chissà quando, per le loro affermazioni fisico-matematiche?

Un uomo chiamato Erone

Ci sono persone delle quali non si conoscono dati certi, come la data di nascita o di morte. Tuttavia molti di questi personaggi idearono oggetti che in qualche modo hanno permesso di ricordarli. E’ il caso di uno strano ingegnere di nome Erone, vissuto ad Alessandria tra il I e il II secolo d.C. Il suo nome è spesso messo in relazione con epiteti quali matematico, inventore o fisico. Ma le sue curiose invenzioni restano, nei pochi riferimenti bibliografici, prive di un’aggettivazione adeguata. Furono invece le sue stesse opere scritte a diffondere un sapere per quei tempi rivoluzionario, attraverso testi come quello sulla misura delle forme geometriche, nella quale è contenuta una formula per calcolare l’area di un triangolo. Erone era altresì interessato ai principi di pneumatica e inventò alcuni dispositivi idraulici nonché la prima macchina a vapore. Tornando alle sue opere, di cui possediamo una parte esigua costituita da tre trattati Meccanica, Automata e Catottrica, la loro compilazione in greco non ha purtroppo permesso l’attribuzione di una precisa origine dell’autore. In definitiva nessuno sa da dove provenisse né dove sia morto. Non è morto tuttavia con lui un principio che pare averlo ossessionato a lungo: quello della riflessione della luce, tanto che sorprendentemente ne trasse una complessa teoria di cui ci azzardiamo solo a fare un accenno suddividendola in Ottica, Diottrica e Catottrica. In poche parole possiamo dire che l’affermazione che la nostra vista procede in linea retta provenendo dall’occhio può essere fondata come segue. Ciò che si muove con velocità costante si muove in linea retta. Le frecce tirate da un arco possono servire da esempio. Ciò avviene poiché la forza impressa costringe l’oggetto a muoversi per la distanza più breve possibile dal momento che non ha il tempo per un moto più lento, cioè per un moto su un percorso maggiore. La forza impressa non permette un tale ritardo e così, a causa della sua velocità, l’oggetto tende a muoversi sulla traiettoria più breve. Ma la più breve delle linee avente gli stessi punti estremi è la linea retta. Che i raggi provenienti dai nostri occhi si muovono con velocità infinita può essere compreso dalla considerazione seguente: quando, dopo aver chiuso gli occhi li apriamo e guardiamo il cielo, il raggio visuale non ha bisogno di tempo per raggiungere il cielo. Infatti vediamo le stelle nello stesso istante in cui le guardiamo sebbene la distanza sia, per così dire, infinita. E anche se questa distanza fosse maggiore il risultato sarebbe lo stesso, pertanto è chiaro che i raggi sono emessi con velocità infinita. Per conseguenza essi non subiscono interruzione, incurvamento o deviazione ma si muoveranno lungo il percorso più breve, la linea retta. Abbiamo mostrato a sufficienza che la nostra vista procede in linea retta. Ora mostreremo che i raggi incidenti sugli specchi e anche sull’acqua e sulle superfici piane sono riflessi [….] In base a considerazioni sulla velocità di incidenza e di riflessione, dimostreremo che questi raggi sono riflessi ad angoli uguali nel caso degli specchi piani e sferici. Per la nostra dimostrazione faremo ancora uso di linee di minimo. Dico allora che di tutti i raggi incidenti, riflessi in un punto dato da uno specchio piano o sferico, i più brevi sono quelli che sono riflessi ad angoli uguali e, se accade ciò, la riflessione ad angoli uguali è conforme a ragione. AB sia uno specchio piano, G l’occhio, D l’oggetto da osservare e AG sia un raggio incidente sullo specchio. Tracciamo AD e poniamo EAG = BAD. GB sia un altro raggio incidente sullo specchio. Tracciamo BD. Affermo che: GA + AD < GB + BD. (Erone, Catottrica, II, pp. 263-64). E’ sorprendente come Erone sia riuscito a connettere ottica geometrica e fisica con idee e regole capaci di esprimere un concetto fisico in modo chiaro ed esauriente. Ebbe ad ogni modo un ruolo senza dubbio enorme ai fini dello sviluppo della futura Ottica, e un ruolo ancora più grande lo ha ricoperto inventando il primo oggetto conosciuto in grado di trasformare il vapore in moto rotativo. Ma vediamo una breve serie di applicazioni di cui il nostro inventore si è reso l’artefice.

L’eliopila
L'eolipila di Erone
L’eolipila di Erone

Lo stesso Erone ci spiega il funzionamento di questa macchina. Sia AB una caldaia contenente dell’acqua, posta sul fuoco. Si chiude con l’aiuto di un coperchio C, forato da due tubi ripiegati DE, la cui estremità penetra in una piccola sfera vuota. Si aggiungono sulla sfera due pezzetti di tubo N e O; il gomito deve essere ad angolo retto rispetto alla linea immaginaria, che attraversa la sfera F congiungendo fra loro i due tubi DE. Quando l’acqua della caldaia sarà calda, il vapore passerà per il tubo DE nella piccola sfera e, uscendo dai tubi a gomito nell’atmosfera, la farà girare su se stessa. Gli scienziati alessandrini come Erone dimostrarono con queste invenzioni di conoscere alcuni principi di idrostatica, oltre alla compressibilità dell’aria e alla forza motrice del vapore. Quest’ultimo uscendo dai tubi N e O concretizza il principio della propulsione a getto (impropriamente detta a reazione), al quale oggi si ispirano i costruttori dei motori subsonici e supersonici come quelli degli aviojet degli anni cinquanta.

Le porte del tempio
L'apertura delle porte del tempio
L’apertura delle porte del tempio

Curiosa è anche la realizzazione di un particolare meccanismo in grado di spalancare le pesanti porte di un qualsiasi tempio. L’impatto scenico e psicologico su chi osservava la scena miracolosa era di certo assicurato. Come si può osservare nello schema di un sito internet a lui dedicato vediamo che: il fuoco acceso sull’ altare (A) posto all’esterno dell’edificio dilatava l’aria contenuta in una sfera (B) determinando una certa pressione nell’acqua ivi racchiusa : l’acqua si spostava in (C) per mezzo di un apposito sifone (D). Il recipiente (C) appesantito , tirava su una fune che faceva ruotare due grossi cardini (E) collegati con le porte del tempio che si aprivano.

La fontana
La fontana di Erone
La fontana di Erone

La fontana di Erone è costituita da una bacinella, da due recipienti di forma cilindrica e da tre tubi. Il primo tubo ha entrambe le estremità nella parte superiore dei due recipienti, il secondo ha l’estremità superiore nella bacinella e l’estremità inferiore nel recipiente più in basso, il terzo ha l’estremità inferiore nella parte inferiore del recipiente posto in alto e l’estremità superiore che fuoriesce dalla bacinella con un rubinetto. Attraverso un’apertura nella bacinella, chiusa da un coperchio durante il funzionamento della fontana, è possibile immettere l’acqua nel recipiente superiore. Il recipiente inferiore, viene invece riempito attraverso il secondo tubo, versando acqua nella bacinella fino a quando la pressione dell’aria dentro la fontana eguaglia la somma della pressione atmosferica e della colonna d’acqua compresa tra il livello del liquido nella bacinella e quello del recipiente inferiore. A questo punto, aprendo il rubinetto, l’acqua zampilla dal terzo tubo (più corto del secondo), a causa della maggiore pressione dell’aria all’interno della fontana. La fontana è realizzata in alluminio verniciato e risale ad un periodo antecedente al 1885.

(Questo chiarimento è stato tratto dal sito internet dell’Università di Catania).

La visione del futuro

La storia è disseminata di eventi simili. Di gente cioè che inventò una tecnologia geniale e curiosa ma che risulta allo stesso tempo fuori luogo. Come accadde in un secondo tempo per Leonardo Da Vinci e Jules Verne, al quale fu dedicato il primo sottomarino atomico americano chiamato Nautilus, poiché il brillante autore ne aveva precorso l’invenzione, in realtà di Da Vinci, precorrendo anche quella del razzo spaziale, anche la genialità di Erone pare materializzarsi dal nulla nel periodo sbagliato. Ma è davvero così? Come può essere che tecniche fino ad allora non disponibili siano fiorite così all’improvviso investendo tutti i campi? La risposta sembra essere a portata di mano, contenuta in quella stessa biblioteca dove Erone detto, non a caso, di Alessandria studiò e affinò le sue intuizioni. Certo noi non eravamo con lui, ma la logica ci impone di considerare un fatto; coloro che sono entrati in quell’edificio ne sono usciti con nozioni che li hanno poi resi famosi inventori, storici, matematici, filosofi e perché no persino politici. Forse alla visione del futuro a cui tanti storici contemporanei si ostinano a fare appello, sarebbe più saggio aggiungere un’attenta analisi del passato.