“Hidden in the dark”, incontro con l’autrice Stefania Auci

1960

“Hidden in the dark” è l’esordio letterario di Stefania Auci, giovane scrittrice di talento. L’abbiamo incontrata per sentire direttamente dalla sua voce la nascita del volume e le sue prospettive future.

di Redazione

Stefania Auci
Hidden in the dark
0111 edizioni, 66 pag.

“Hidden in the Dark”, è una raccolta narrativa, nonché opera prima della giovane e promettente scrittrice Stefania Auci.
Il libro, edito nella collana “Rosso Cuore” della 0111 Edizioni, ha già riscosso significativi apprezzamenti di pubblico e di critica, collocandosi a pieno titolo nel “novero” delle migliori pubblicazioni “paranormal” degli ultimi tempi.
La Auci descrive situazioni e sentimenti utilizzando un ricco campionario dinamico, uno stile scorrevole ed originale, e un tocco di calore italico assai singolare per il “genere” e pressoché introvabile nelle pagine dei suoi illustri colleghi anglosassoni.
La psicologia dei personaggi è cesellata “al rasoio”, i caratteri femminili sono tratteggiati con passione e sensibilità e l’aderenza ai luoghi è sempre resa magistralmente.
Ci sembra persino di respirare gli odori della narrazione; come pare che, leggendo, ci risuonino nelle orecchie suggestive melodie di Rachmaninov o Gershwin, compositori entrambi molto cari all’autrice.
I racconti della raccolta sono 3 ed hanno un unico filo conduttore che fa capo ai due protagonisti maschili e a una precisa “location”, Moray Place (Scozia).
I vampiri Samuel ed Oliver tessono le loro diaboliche trame in epoche differenti, nei vicoli di un’Edimburgo cangiante ed immota al contempo, ricca di inquietanti archetipi, osservatrice silenziosa di riti arcani e feroci.
Carismatici e amorali, i personaggi vampirici della Auci si fanno portavoci d’un fascino perverso e dannato, in una dimensione spazio-temporale vaga, dove il confine tra il piacere e il dolore, tra la sensualità e l’orrore, sono altrettanto vaghi ed ineffabili.
Insomma, 3 “dark stories” tutte da godere, in cui la “luce” è rappresentata dall’indiscutibile talento della giovane scrittrice trapanese. Tre gioielli narrativi che irrompono nella sensibilità del lettore, con l’incisività di un lampo. Tre punte di diamante che arrivano a scalfire i muri d’una letteratura “nostrana” ormai statica e priva di idee, castrata da scelte editoriali scriteriate e balorde, in cui pare non esistere più spazio per l’“ars narrandi”, ma solo per gli interessi e le logiche di mercato.
In questo prezioso libricino, molto grazioso anche nella sua veste editoriale, di “arte del narrare” ce n’è davvero da vendere. Una vera “chicca” per gli appassionati del genere e per chiunque abbia a cuore la “buona” lettura.

Intervista a Stefania Auci

Terra Incognita: Allora Stefania, innanzitutto ci piacerebbe sapere come hai sviluppato la passione per la letteratura. E quando hai sentito nascere in te l’intima voglia voglia di scrivere.
Stefania Auci: Scrivere e leggere sono per me facce della stessa medaglia. A mio avviso, non si può scrivere bene se non si legge tanto, e di generi diversi. La scrittura è alimentata dalla lettura e dal confronto. Su di me hanno avuto un fortissimo influsso i miei genitori, accaniti lettori, sebbene di generi opposti rispetto a ciò che scrivo. Ma è stata un’esperienza importantissima: ho vissuto per anni un una casa con una grande biblioteca, in cui sapevo di poter trovare tutte – o quasi – le notizie che mi servivano.
Scrivere è venuto dopo: avevo un mondo nella testa che premeva per venir fuori, un po’ come Minerva dalla testa di Giove. Ho scritto il mio primo romanzo a sedici anni, su tre quaderni, riempiendo le lunghe, noiosissime ore di lezione al liceo. Ovviamente, era un romanzo con un vampiro.
T.I.: Come è nata l’idea di dar corpo a  “novels” che hanno come protagonisti i vampiri?
S.A.: Perché mi affascina la loro essenza. Il vampiro, quello della tradizione – non quello che oggi ci propina la televisione o i romanzi per ragazzi – è una figura ambivalente dalla fortissima sensualità data non dal sesso selvaggio ma dalla sua capacità di rompere gli schemi. L’ho immaginato come una figura di immensa saggezza e sapere, dotato di un distacco autentico nei confronti di un’umanità che spesso si sopravvaluta. Cinico, pragmatico, amorale. Non ha un codice di comportamento che possa essere omologato al nostro poiché non è più umano. Credo che questo sia nel contempo la cifra distintiva dei miei personaggi e ciò che mi ha spinto a scrivere di loro.
T.I.: Potresti fornirci una descrizione di “Hidden in the dark” e dei tuoi vampiri? Cosa hanno in comune con quelli della tradizione narrativa e in cosa invece differiscono o aggiungono tasselli di novità?
S.A.: “Hidden” è una raccolta di slices of life, tratte da una saga che sto scrivendo e che è ormai quasi terminata. I protagonisti sono gli stessi dei racconti e, seppure la loro evoluzione li porta a avere delle relazioni con esseri umani, la loro identità letale non cambia. La loro matrice non è modificabile:sono assassini e tali restano, e godono nell’uccidere.
Sono molto vicini all’archetipo del vampiro vittoriano o “epico”, e dovendo trovare un modello in tempi recenti, credo che possano essere avvicinati sia al Lestat di Ann Rice che a Saint Germain di C. Q. Yarbro… o almeno così dicono i lettori. Per forza i cose non posso essere un buon giudice di me stessa!
T.I.: Puoi darci un’anticipazione dei tuoi progetti futuri dopo l’ottimo esordio?
S.A.: Progetti futuri… ne ho molti ma non dipendono dalla mia volontà. Io spero fortemente di trovare un editore medio/grande per pubblicare la saga, come moltissimi lettori hanno chiesto. Poi sto lavorando a un progetto completamente differente su cui non dico nulla per scaramanzia. E dopo questo, un altro paranormal-horror…
Insomma: auguratemi in bocca al lupo!